lunedì 19 maggio 2014

"Stop omofobia", prevenzione di problema o sua creazione?



Occorre fare un bella distinzione tra una malattia grave e una malattia diffusa. Per quanto una patologia possa essere debilitante, o anche mortale, non significa necessariamente che essa o il patogeno che la diffonda si nascondano dietro ogni angolo pronti a infettare il primo ospite di passaggio. Certamente andrà combattuta con ogni mezzo non appena si presentasse ma predisporre una campagna di prevenzione militarizzata non solo non risolverà il problema, ma anzi lo aggraverà favorendo la diffusione di un male che con la sua gravità era però raro, come dimostrano i precedenti storici. Questo accade sia per ragioni energetico/spirituali, ossia attirando a sé l'oggetto della propria attenzione (la malattia), sia per ragioni pratiche (un'eccessiva manipolazione del virus per sperimentazioni e vaccini).
La diffusione della poliomielite in quella fascia di Africa subsahariana detta polio-belt è stata causata proprio da campagne di prevenzione della malattia in una zona in cui essa era rara, a dispetto delle sue gravi conseguenze. Ma la vaccinazione con conseguente diffusione dei virus “inattivati” a causa delle cattive condizioni igieniche hanno infine scatenato quell'epidemia che si sarebbe voluta evitare e per la quale sarebbe bastato spendere molti meno soldi per fognature e acqua corrente.

E' qui che si aggancia il recente epilogo totalitarista dell'Eurovision, il festival musicale internazionale al quale avrebbe vinto la transessuale austriaca Conchita Wurst.
Questo risultato pone almeno due importanti questioni, il pericolo di una reale esplosione dell'omofobia e l'atteggiamento servile di una parte del mondo LGBT che alimenta un “divide et impera” utile al sistema dominante e totalitario.
L'omofobia è un fatto grave, sgombriamo il campo da dubbi, poi la buona fede di chi lo scrive è al giudizio della buona fede di chi legge. Vi sono in Italia e in Europa persone omofobiche ma questo non può significare, alla luce di quanto avvenuto sino ad oggi, che Italia ed Europa siano realtà omofobiche tout court. Come la poliomielite dell'esempio essa è sì grave e da tenere d'occhio, punendo con severità i casi che si presentano sia a livello di discriminazione che di violenza fisica, ma l'insistenza nel dipingere ad esempio il nostro paese come una riserva di caccia contro la comunità LGBT è fastidiosa per tutti coloro, ossia la stragrande maggioranza, che non si riconoscono in questa discriminazione ed anzi la respingono. Essa [l'insistenza] ha il sapore del populismo che vuole mascherare problemi anche più gravi e generali in nome di un politicamente corretto che metterà davvero eterosessuali contro omosessuali e “omosessualisti”. Chi non ha nulla, ma veramente nulla contro gay, lesbiche e transessuali (la maggioranza, ripetiamolo), può a ragione sentire la propria coscienza forzata nel vedersi propinare continuamente un allarmismo sull'omofobia e un quadro omofobico nazionale in cui non può onestamente riconoscersi. A questo fanno da contraltare le proposte (per non dire le imposizioni) di modelli forzatamente omosessualisti nei palinsensti tv, nella musica, nelle mode, negli insegnamenti scolastici e, in cauda venenum, nell'eugenetica. La persona si sente colpita e colpevolizzata per un problema strumentalmente amplificato e reagisce nell'unico modo che la natura umana gli lascia: la contrapposizione, il rigetto verso la vittima di quel problema.
Ecco allora che l'omofobia prende a strisciare sul serio poiché si vede nell'omosessuale, nel travestito, nel transessuale, il colpevole di tutta questa pressione mediatica e culturale oltre che l'oggetto di attenzioni politiche (spesso più propagandate che attuate, altro punto su cui riflettere) che scavalcano le priorità reali e a volte drammatiche dei più.
Con l'intento di combattere la malattia, la si è creata. E dopo averlo fatto si avranno di nuovo a disposizione, in numero crescente, tanti casi di violenza e discriminazione da giustificare retroattivamente quello che si era fatto: avete visto, l'omofobia dopo tutto esiste.
Si sarà allora creata nella società una nuova guerra tra poveri e chi scrive ha osservato queste dinamiche tante di quelle volte da poter dire con certezza che la cosa è stata intenzionale. Italiani contro stranieri, destra contro sinistra, euro contro no-euro e infine LGBT contro... contro chi? Contro quelli che saranno tutti dipinti strumentalmente come omofobici, non c'è altro termine.
Gruppi di persone che non avrebbero nulla per cui combattersi prenderanno a farsi la guerra, finanche a odiarsi per far godere, tra i due litiganti, il famigerato terzo.
Esiste una via, ed è anzi d'obbligo percorrerla, che rispetti la sensibilità di tutti e tuteli la comunità LGBT. Questa via non è una prevenzione fallimentare di una malattia che esploderà proprio a causa di protocolli medici ossessivi. Questa via deve essere uno stile di vita sano, per rimanere nella metafora sanitaria, ossia l'insegnamento del rispetto dell'altro ed una legislazione che venga di conseguenza. Ma senza mai creare contrapposizione o risentimento controproducente.
Perché una cosa è che una transessuale possa partecipare a un festival della musica con le stesse possibilità degli altri, altra cosa è che essa venga politicamente imposta come vincitrice1 praticamente da prima dell'inizio perché si deve dare alla gente una lezione di libertà. Una cosa è educare al rispetto della persona, altra cosa è imporre a tutti un pensiero unico e totalitario sull'omosessualità all'infuori del quale si è “omofobici”. Imposizione e libertà non vanno d'accordo.

Sull'episodio nuovamente ricordato si aggancia la seconda riflessione che inerisce più da vicino la figura di Conchita. Anche qui occorre sgombrare il campo da un dubbio. La musica moderna, così come la gran parte dell'arte in genere, è pura spazzatura, indipendentemente dal sesso o dall'orientamento sessuale del protagonista. Conchita Wurst in questo senso non poteva fare eccezione e sino a un certo punto non le si possono ascrivere colpe di scadimento culturale superiori a quelle che avrebbero tutte le cantanti tutte-tette e niente melodia o le band di ballerini prodotti in serie e dall'improbabile taglio di capelli. Ma quel limite, in realtà, è stato superato. E' stato superato nel momento in cui è stato messo in scena come una creatura del circo, un uomo che vuole essere una donna che vuole mostrare la barba. Perché è proprio al circo che rimanda la figura della donna barbuta, una figura che affondava il proprio successo non nell'abilità o nell'amore del pubblico, ma nella derisione e della ridicolizzazione di se stessa. Certo, la cantante austriaca avrà anche pensato di usare questo aspetto esteriore come provocazione, ma una provocazione è tale solo quando può essere compresa correttamente. Quello che si è visto è invece l'umiliazione di una figura umana ridotta, come si diceva, a baraccone da circo. Questa evidenza porta a interrogarsi sul livello di consapevolezza con la quale la comunità LGBT affronta le proprie rivendicazioni di diritti. I gruppi che storicamente hanno lottato e avanzato richiesta di riconoscimento del proprio status hanno sempre preteso in primo luogo la dignità ed hanno assunto verso la società un atteggiamento coerente, come i lavoratori delle lotte operaie o gli afroamericani. Quello che stupisce della piega presa negli ultimi anni dalle lotte LGBT (che è bene ricordare non sono rappresentative di tutti gli omosessuali) è invece la propensione a dare un'immagine di sé settaria e buffonesca. Da Socrate a Pasolini, passando per Tchaikovsky e Oscar Wilde, l'omosessualità è sempre esistita con l'aspirazione, più che altro dopo l'avvento del Cristianesimo, di inserirsi nella società e di esserne giustamente accettata, non di aggredirla e di creare una società parallela fondata sull'esasperazione del proprio modello (ecco perché l'uso anche in questo articolo della parola “omosessualismo”). Possibile quindi che un'intera comunità, con tutte le sue intelligenze e capacità critiche, possa accettare di essere rappresentata nella lotta sociale da una Conchita Wurst? Possibile che a fronte di una società come quella italiana fondata sul clientelismo e il parassitismo, questa stessa comunità tolleri che personaggi indecorosi come Nichi Vendola o Aldo Busi li rappresentino dall'agone politico a quello culturale non per meriti o capacità oggettive ma solo perché omosessuali e quindi messi lì in nome del politicamente corretto?

Occorre prendere atto di una cosa troppe volte tralasciata per voler idealizzare gli altri. Gay, lesbiche, transessuali, transgender sono persone e in quanto tali hanno la pericolosa propensione a farsi del male e ad agire in modo scellerato esattamente come la gente fa in qualunque altro campo. Ecco perché una causa di per sé valida finisce per diventare una baracconata da circo. Ma l'essere strumentalizzati e ridicolizzati ha portato nella storia alla sollevazione contro le icone di queste ridicolizzazioni e strumentalizzazioni. Non posso far altro che concludere augurando a tutta la comunità LGBT quel risveglio interiore che auguro quotidianamente all'intera umanità perché la loro rivendicazione possa elevarsi a livelli più illuminati e illuminanti.

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