lunedì 9 gennaio 2017

Chiamatemi vegano, non veganista



Esistono molti giochi di parole che si potrebbero usare per introdurre l'articolo che vado a scrivere e che parla della mia recente evoluzione alimentare.
Avrei potuto dire "vegetariano integrale, non vegano", forse più corretto dal punto di vista dei significati originali, ma meno impattante come effetto. E così via.
La sostanza del discorso è che dopo quasi cinque anni di dieta latto-ovo-vegetariana ho infine deciso, unico in famiglia, di passare al cosidetto "veganesimo", meglio ancora, nel mio caso, "vegetarianesimo integrale", ossia all'esclusione della mia alimentazione di ogni derivato animale (e quindi non solo le carni ma anche uova, latte e latticini) a favore di alimenti esclusivamente di origine vegetale.
Così come cinque anni fa venni portato al mio primo cambio di paradigma alimentare grazie ad una serie di amicizie vegetariane, oggi è accaduto lo stesso grazie ad amici e conoscenze vegetariane integrali che mi hanno incoraggiato, hanno fatto da esempio e mi hanno indicato una serie di motivazioni, sia razionali che trascendenti, che mi hanno infine convinto a fare questo passo.
E' grazie a tutti loro che oggi vivo questo momento non come rinuncia, ma come sorridente evoluzione.

Ma è proprio perché di evoluzione si tratta, e non di adesione a una moda periferica del sistema, che voglio anche mettere alcuni "puntini sulle i", come si suol dire.
Infatti se coloro che mi hanno accompagnato sin qui sono persone di valore, devo riconoscere dalle letture, dai siti e dai gruppi che ho consultato, che il mondo "vegan" non brilla necessariamente per luce propria e nemmeno emana amore e tolleranza nel senso a me caro.

Ciò che a malincuore ho notato a dispetto della mia decisione è la tendenza di coloro che a questo punto chiamerò "veganisti", a sottolineare il carattere da stadio di una posizione, a dividere il mondo in due: vegani, per definizione buoni, da un lato, e non vegani, per definizione cattivi, dall'altro.
Ora, ciò che io ho umilmente imparato nella mia esperienza di militante politico e di amante della spiritualità è che le persone, così come i progetti che incarnano, hanno numerose sfaccettature che le possono caratterizzare come valide o meno senza che il nostro giudizio si appiattisca su di un unico aspetto solo perché è quello che a noi sta più a cuore. Si commetterebbe in questo caso l'errore di voler per forza giudicare come fosse oggettivo ciò che è in realtà soggettivo.

Io non mangio "cadaveri" da quasi cinque anni. Non condivido che altri lo facciano e se posso dare testimonianza di questo lo faccio. Ma me ne guardo bene dal considerare cattiva o incompatibile con me una persona solo perché su questo la vede diversamente. Quella persona potrebbe infatti condividere con me la stessa posizione sulla Palestina, sull'imperialismo, sulla liberazione dai debiti, sull'economia di decrescita, sul ripristino della Comunità e via discorrendo. Io non potrei mai, in tutta coscienza, etichettare negativamente qualcuno a me vicino su una serie di punti importanti perché segue un'alimentazione a mio avviso sbagliata.
Per contro, se avessi al mio fianco un veganista duro e puro, animalista, antispecista, attento in ogni dettaglio a non creare sfruttamento o sofferenza animale ma che non sapesse dove si trova la Palestina o quale sia la genesi della moneta-debito con la quale compra il suo cibo vegetale o che ignora i processi di produzione e sfruttamento capitalistici che portano alla creazione di qualunque prodotto finito, persino di quelli "cruelty-free", ebbene, io stesso gli consiglierei di mangiarsi un paio di bistecche a settimana, quelle stesse che non mangerei io, ma di togliersi un po' di fumetti dalla testa per iniziare ad affrontare i problemi più a monte e in modo meno egoico.

Il mio approdo a un'alimentazione esclusivamente vegetale, che dovrà nel tempo essere integrata da una maggiore cura nella scelta di tutta un'altra serie di prodotti quali l'abbigliamento o quelli igienici, è dettato da motivi ambientalisti ed etico-spirituali. Ambientalisti perché la produzione di carni e derivati animali è troppo dispendiosa per la nostra Terra. E comunque lo si consideri, questo nostro pianeta è l'unico che abbiamo, noi qui siamo solo di passaggio e abbiamo il dovere di affidarlo ai nostri figli e nipoti in condizioni armoniose. Etico-spirituali perché da cristiano misticheggiante e studioso in profondità delle Scritture, ho imparato che non si può essere davvero in sintonia col Creatore quando si ha nell'apparato digerente una creatura senziente o un suo frutto. Non occorre scadere nell'antispecismo, visione che assolutamente non condivido, per capire che quando si vuole predicare e diffondere la vita non ci si può nutrire di morte, quando si vuole diffondere il dono, non ci si può alimentare di furti. Non è un caso che i grandi profeti e messaggeri divini siano stati tutti vegetariani e forse qualcosa in più. Quando ci nutriamo di un cibo vegetale abbiamo stabilito col Creato (che in quanto tale non va confuso col Creatore e quindi non va venerato, ma rispettato) un rapporto sinergico, un do ut des, per cui possiamo prenderci cura della terra e coltivarla ottenendo in cambio ciò di cui nutrirci. Diversamente, nel cibarci di carni o derivati animali, stiamo sottraendo vita a chi non ha chiesto di essere sfruttato, e noi, così intelligenti e capaci di illuminazione, finiamo per cibarci della sofferenza e del frutto di sangue quando potremmo, col nostro intelletto superiore (sì, alla faccia dell'antispecismo, superiore), procurarci in ben altro modo ciò che ci serve.
Insomma, sono arrivato a questa scelta perché l'alimentazione onnivora è per me una violenza contro il Creato e quindi un'offesa al Creatore. E' come se sfregiassi il miglior dipinto del mio pittore preferito, come ribadirò in seguito.

Tutto questo non mi allontana però da ciò che sono e traccia un solco profondo tra me a la maggior parte di coloro che apparentemente sono, dal punto di vista alimentare, i miei "simili".
Al veganesimo è spesso associato l'antispecismo già accennato, ossia l'equiparazione totale tra l'uomo e le altre specie viventi. Io credo che uomini e animali siano uguali nella dignità ma diversi nei contenuti. Non è un caso che solo l'essere umano possa porsi simili problemi etici mentre l'animale possa solo subire le scelte, giuste o sbagliate, dell'uomo. Questo perché noi siamo al tempo stesso parte di quel cerchio simbiotico che è la Natura (che quindi non è nostra proprietà) ma anche suoi custodi (senza essere al centro del cerchio, solo in virtù della nostra superiore consapevolezza del cerchio medesimo).
Ciò mi impedisce per esempio, a differenza di quanto accadrebbe con un veganista, di sentirmi con la coscienza a posto una volta appurato che il cibo di cui mi nutro sia esente da sofferenza animale o da sfruttamento ambientale eccessivo. Tali produzioni ad esempio, specialmente se poste in paesi poveri o tropicali, possono essere affidate a manodopera locale, ovviamente umana, le cui condizioni di lavoro non possono sfuggire alla nostra critica. Non stiamo parlando qui di casi, estremi, quali esempi di vero e proprio schiavismo o neofeudalesimo, ma anche della semplice manodopera regolare, contrattualizzata. Perché strutturalmente nel sistema capitalista, anche nel ricco Occidente, il lavoro salariato è e non può che essere una forma di sfruttamento. In altre aree del mondo in cui la coltivazione di prodotti agricoli "etici" si collochi sullo sfondo dello stesso sistema capitalista, tale produzione effettuata da manodopera umana senza sfruttamento animale o ambientale sarà sempre e non potrà che essere una grave forma di sfruttamento dell'uomo e quindi tutt'altro che "etica" o "cruelty-free".
L'aver rimosso la sofferenza animale e lo sfruttamento ambientale è certamente un passo virtuoso – che io voglio contribuire nel mio piccolo a compiere – ma esso è solo la risoluzione di un problema e non del problema che è e resta la produzione secondo modalità capitaliste, così come rappresenta una presa di coscienza importante ma non il risveglio della Coscienza con la maiuscola che abbraccia invece la consapevolezza del sistema nel suo insieme e ci evita di cadere in distruttive contraddizioni.

Vorrei in conclusione poter parlare a tutti col risultato di aiutare a capirsi. Tendenzialmente invece ottengo il risultato di mettermi tutti contro per via di quella che viene percepita come ambiguità, da parte mia, il non avere una posizione chiara. Ciò che vorrei far intendere è che invece ritengo la mia posizione, su questo e su molte altre cose, chiarissima mentre sono le sfaccettature diffuse nella società a essere ambigue e fuorvianti se non appositamente studiate per metterci gli uni contro gli altri e deviare nel vuoto idee e comportamenti che avrebbero invece un autentico valore rivoluzionario.
Sarebbe folle per un appassionato d'arte rovinare l'opera del proprio artista preferito. Per me nutrirmi solo di certi alimenti significa proprio questo, preservare l'Opera d'arte, cioè il Creato, del mio Artista preferito, il Creatore. Vorrei che pervenisse questo messaggio a tutti coloro che condividono con me questa parte di cammino senza pensare che io sia caduto nell'errore di adorare l'Opera e non l'Artista.
Ma vorrei anche che coloro che condividono con me un altro pezzo di cammino, ossia il rispetto dell'Opera d'arte, facessero un ulteriore sforzo di cui sono certamente capaci per capire che non è mettendo la propria specificità davanti a tutto che salveranno gli animali e men che meno il mondo. Per fare questo occorre infatti avere una coscienza che non sia monotematica, intrappolata nel compartimento stagno di un solo discorso, perché questa è esattamente l'angusta visione che il capitalismo vuole imporci per impedirci di attuare un reale cambiamento. Esistono molte altre cose al di fuori della scelta del cibo o dei tessuti con cui vestiamo e se permettiamo a un nostro unico chiodo fisso di accecarci sul resto stiamo inconsapevolmente permettendo al sistema di reiterare quelle stragi, quelle sofferenze e quello sfruttamento che avremmo voluto in buona fede evitare, ma fuori del nostro ridotto campo visivo.

Ogni cosa al mondo è un mattone che compone l'Unità. Anche noi stessi, ecco perché dobbiamo eliminare, dentro di noi prima che fuori, i paletti che ci fanno confliggere.

2 commenti:

Fabio ha detto...

Ciao, sono sicuro che per coerenza con questa tua frase: (... quando si vuole predicare e diffondere la vita non ci si può nutrire di morte ...) tu ti alimenterai unicamente con foglie e frutti caduti dalle varie piante; mi congratulo per la tua tenacia. Io mi considero un semplice animale, non al di sopra di loro, e pur rispettando la natura e gli animali mangio spesso verdure e frutta, più raramente anche pesce e carne. Questo perché credo sia una cosa perfettamente naturale, praticata da tutti gli esseri viventi e indispensabile nel processo della vita, Fabio

Simone ha detto...

Grazie Fabio.
E' combinazione una cosa della quale ho brevemente discusso ieri con un altro amico. In realtà c'è un altro passaggio dello scritto che dovrebbe chiarire la questione, quando parlo di vita "senziente", in pratica quella animale, distinta da quella vegetale. Ci sono due osservazioni a questo punto. E se anche i vegetali in realtà fossero senzienti ma noi non lo sappiamo (e ci sono diversi studi che quanto meno seminano il dubbio)? Ahimé, non saprei rispondere. Di qualcosa ci si deve nutrire e il metabolismo umano in realtà è erbivoro. Nutrendosi di carni animali non risparmieremmo nel caso l'eventuale sofferenza vegetale (se anche le piante fossero senzienti) perché queste sarebbero da cibo agli animali in misura dieci volte superiore circa per ricavare l'equivalente in carne. Detto questo non vorrei invece scadere sul grottesco su foglie e frutti caduti o sarei veganista pure io. Quando mangiamo un frutto da un albero o da una pianta da verdura o cereale, non è necessario eliminare tutta la pianta, anzi, la parte viva viene appunto preservata anche cogliendo la mela o il pomodoro freschi. Un mio caro amico, tra l'altro onnariano, mi ha appunto fatto questo ragionamento. Un frutto cresce e, senza che cada in terra, "chiede" di essere mangiato. Se non ce ne nutriamo appunto cadrà e marcirà senza esser stato di alcuna utilità. L'animale invece non chiede di essera mangiato. Al contrario vuole vivere e prova paura quando capisce di andare incontro alla propria fine. Grazie e a presto.